Il territorio di Castel Goffredo è stato abitato fin dalla preistoria e vasti sono gli insediamenti dell’età del bronzo (1800-1200 a.C.).Importanti ceramiche, ora conservate presso il Museo Civico di Padova, indicano una presenza etrusca, mentre numerosi sono gli insediamenti di epoca romana e la stessa impronta urbanistica di Castel Goffredo è ascrivibile a questo periodo storico. Questa epoca è inoltre testimoniata da diverse epigrafi di cui alcune si possono far risalire alla famiglia di Publio Virgilio Marone, il grande poeta latino che, secondo il professor Nardoni dell’Università di Cassino, ebbe i natali nel territorio goffredese.
Un bassorilievo longobardo del VII-VIII secolo, custodito presso l’Oratorio di San Michele, è il più antico segno della presenza cristiana in questa comunità.
In età carolingia Castel Goffredo appartiene alla contea di Brescia. Terra di confine tra il bresciano, alla cui diocesi apparteneva, e il mantovano, si dona spontaneamente al Comune di Mantova, e quindi ai Gonzaga, nel 1337. Dopo alterne vicende (dominazione viscontea, gonzaghesca, di nuovo viscontea, veneziana ed infine definitivamente gonzaghesca) nel 1515 Castel Goffredo diviene la capitale di un piccolo stato, comprendente anche Castiglione delle Siviere e Solferino, governato dal marchese Aloysio Gonzaga cui succedette il primogenito Alfonso. Questi, per ragioni legate alla successione del feudo, fu fatto assassinare, nel 1592, nella corte di Gambaredolo dal nipote Rodolfo, fratello di San Luigi, a sua volta vittima di una congiura popolare che portò alla sua uccisione sulla soglia della Prepositurale di Sant’Erasmo il 3 gennaio 1593.
A seguito di questi avvenimenti, Castel Goffredo fu aggregata al Ducato di Mantova, con il quale passò sotto la dominazione austriaca nel 1707. Dal 1861 fece parte del Regno D’Italia, nato per merito delle guerre d’indipendenza combattute anche dal goffredese Giovanni Acerbi, Intendente generale della Spedizione dei Mille.
Testimonianza di questi trascorsi storici, è ancor oggi la scenografica Piazza Mazzini. In questo equilibrato rettangolo, sono rappresentati architettonicamente i “poteri” che ebbero tanta parte sul governo della città: a nord Palazzo Gonzaga-Acerbi, residenza e corte del Signore, ad est la Prepositurale di S. Erasmo, sede del Prevosto, ad ovest il Palazzo Municipale, casa della ” Magnifica Comunità di Castel Goffredo” ed, infine, a sud i Portici,cui si affacciano da sempre le botteghe dei commercianti, rappresentanti il potere economico. Molte sono le cose di interesse artistico sparse nel centro storico e che il visitatore attento può scoprire: da segnalare la bella Annunciazione in cotto quattrocentesca posta nel passaggio B.A.M. tra via Roma e via Moratti. A pochi passi sorge la Chiesa dei Disciplini costruita nel 1587 con bel campanile seicentesco.
Lasciata l’atmosfera di antico borgo, tutt’intorno la campagna si propone con paesaggi lineari interrotti da architetture rurali cariche di storia, come Villa Beffa, del 1550, o la bellissima corte di Gamberedolo, di poco più giovane, luogo vacanza dei Signori Gonzaga, che l’attrezzarono con torre, cappella, e ampi spazi rustici.
Ma in zona i borghi e i paeselli non si contano; recano testimonianza di un Settecento prolifico, che ha assegnato a ciascuna località una chiesa, una parrocchiale, come a Perosso, Bocchere, Poiano, Selvole, Berenzi, Zecchini, Sant’Anna e Casalpoglio.
D’altra parte Castel Goffredo è anzitutto un centro industriale, specializzato nel settore della calzetteria femminile. Da qui, una miriade di moderne aziende piccole e medie e grandissime, esportano in tutto il mondo questi accessori d’abbigliamento molto apprezzati per la loro eleganza. E la storia di questa affermazione comincia probabilmente dal vecchio calzificio Noemi, sorto in paese ai primi del secolo come piccolo laboratorio artigianale e divenuto in breve una vera e propria scuola per giovani capitani d’industria, che dal 1960 in poi costruiscono alla periferia del paese e nei comuni limitrofi decine di piccole fabbriche.
Tanto che oggi Castel Goffredo è considerata a ragione la “CAPITALE DELLA CALZA”, ed è sede del distretto industriale cui fanno capo 12 comuni della zona: Castel Goffredo (sede), Castiglione delle Stiviere, Asola, Casalmoro, Casaloldo, Casalromano, Cavriana, Ceresara, Gazoldo degli Ippoliti, Guidizzolo, Medole, Piubega, Rodigo, Redondesco e Solferino situati nella provincia di Mantova, mentre Acquafredda e Carpenedolo nella provincia di Brescia.
Il cuore della città è costituito dalla rinascimentale Piazza Mazzini, verso la quale con vogliano alcune delle vie del centro storico, fino al secolo scorso protetto da solide mura. Lungo i lati del rettangolo che costituisce la piazza si affacciano edifici carichi di storia, simboli dei poteri cittadini. A levante sorge la chiesa parrocchiale di S. Erasmo, edificata nel ‘400 in parte sulle fondamenta di un preesistente edificio di culto; fu ampliata nei primi del ‘500 e parzialmente riprogettata dall’architetto Bernardino Facciotto sul finire del medesimo secolo. L’interno, a tre navate, risulta armonioso e ricco di testimonianze artistiche tra le quali alcune tele variamente datate, un crocifisso ligneo già famoso nel secolo XV per le sue manifestazioni taumaturgiche, una bella statua lignea del‘400 raffigurante Madonna in trono con bambino. Preziosi sono anche gli altari marmorei magistralmente ornati di tarsie e pietre dure. A ponente, di fronte alla parrocchiale, è posto il Municipio, edificato sulle strutture dell’antico Palazzo della Ragione del quale rimane la facciata con parte della loggia. Sul lato nord della piazza spicca l’imponente Palazzo Acerbi, un tempo residenza dei marchesi Gonzaga. Il palazzo è chiuso tra la Torre Civica, risalente al XIII secolo e sopralzata nel XV secolo, e il trecentesco Torrazzo.
Sul lato sud corrono i portici medioevali sotto i quali, ancor oggi, si aprono le vetrine delle numerose botteghe. Ricco di fascino è l’antico reticolo urbano di CastelVecchio, che costituiva, prima del 1500, il centro urbano della città, con la chiesa di S.Maria del Consorzio della quale restano so-lo il campanile del XV secolo e l’abside con affreschi del XVI secolo.Nel centro storico si possono visitare altri due edifici sacri: la chiesa dei Disciplini, costruita nel 1587 e la settecentesca chiesa di S. Giuseppe, recentemente riaperta al culto. Uscendo dalla zona urbana, che negli ultimi anni si è ampliamente sviluppata in tutte le direzioni, ci si trova immersi nella pianeggiante campagna resa fertile da numerosi corsi d’acqua. E in mezzo al verde spiccano alcune dimore gentilizie che hanno conservato la struttura originale: Villa Beffa e la Palazzina a nord dell’abitato di Castel Goffredo, e a sud, verso la zona industriale, Palazzo Riva. Lungo la strada per Ceresara si può ammirare la Corte di Gambaredolo, luogo di vacanza dei marchesi Gonzaga.
Il Carnevale è parte integrante delle tradizioni castellane, affondano le radici nella storia della nostra cittadina: è addirittura più antico di quello di Viareggio. Di un carnevale castellano si hanno notizie già nel ‘600, ma il VENERDI’ GNOCCOLARO è nato soltanto nella seconda metà del 1800. Non si conoscono i promotori e le ragioni che li spinsero a crearlo, anche se vi è motivo di ritenere che l’ispirazione sia venuta dalla più importante manifestazione veronese, con la quale Castel Goffredo ha, per di più, un significativo collegamento storico. Quando nel 1531 il dotto medico veronese Tommaso da Vico offrì all’affamato popolo di San Zeno farina, burro e formaggio – dando così inizio alla secolare tradizione del Bacanal – si trovava a Verona Cesare Fregoso, capitano della Repubblica di Venezia, con il prestigioso segretario Matteo Bandello.
Pochi anni dopo, nel 1536, la famiglia Fregoso si trasferiva a Castel Goffredo presso la Corte del marchese Luigi Gonzaga ed il brillante novelliere Bandello non avrà certo mancato di raccontare un caso così singolare. A quell’epoca, tuttavia, per quanto è dato da conoscere da una lettera di Ginevra Gonzaga all’Aretino, i signori del feudo castellano andavano a trascorrere il periodo carnevalesco a Mantova, La fortunata scoperta di un manifesto dei 1875 (nell’immagini soprastante) ha dato la possibilità di datare al 1872 la nascita del Venerdì Gnoccolaro che ha la sua
maschera caratteristica in RE GNOCCO, un monarca dai pieni poteri ma ridanciano. gran mangiatore e bevitore, tutto dedito alla felicità dei propri sudditi. Nel giorno della sua incoronazione egli domina incontrastato e gli stessi pubblici amministratori devono fare atto di devota sottomissione. Dal 1875 al 1905 non si hanno notizie precise anche se nelle “memorie” lasciate da Gian Cesare Pico si parla di una manifestazione molto sentita dalla popolazione e già stabilmente radicata, ma che si celebra senza continuità. Sembra, quest`ultima, una caratteristica del Venerdì Gnoccolaro castellano che lo distingue dagli altri carnevali.
Nel 1914 viene incoronato Re Gnocco XL (Marco Mercanti). il cui numerario è forse più un omaggio alla ricorrenza che la rispondenza ad un reale susseguirsi di incoronazioni.
Si tratta di un’edizione prestigiosa che apre l’era moderna del carnevale castellano. Da allora, infatti, il programma è stato fedelmente rispettato: il Re lancia un proclama con il quale indice la gran festa ed il giorno dell’incoronazione pronuncia il Discorso della Corona. La celebrazione del 1914 e passata alla storia anche per aver visto la nascita dell’inno di Re Gnocco composta dal maestro Edoardo Zappa sull’onda di un valzer e per lo scambio di due feroci fogli satirici che suscitarono aspri risentimenti. La tradizione vuole che l’ultimo venerdì di Carnevale, giorno di gran festa. siano allestite cucine operose e cantine effervescenti. Fino agli anni ‘5O gli gnocchi venivano impastati in Piazza; ancor oggi comunque essi sono cotti e conditi alla presenza del popolo affamato al quale sono distribuiti gratuitamente annaffiati da vino generoso a seguito dell’ordine del Re Gnocco appena incoronato. Sulla piazza del feudo si celebra il rituale di sempre; quindi il Re, appena incoronato, dà il via ai festeggiamenti, normalmente costituiti dalla sfilata di carri allegorici e maschere. Dal 1950, in occasione dell’incoronazione, si pubblica un numero unico umoristico de “IL TARTARELLO”, ideato da Amedeo Gualtierotti, che costituisce un’occasione per prendersi in giro allegramente anche se non sempre bonariamente.